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"Tutta la storia antica altro non è che invenzione letteraria accettata come verità" - Voltaire

 

Tratto da: Storia cronografica di Trieste dalla sua origine all’anno 1695, di Vincenzo Scussa. Stampato nell'anno 1863:

"Trieste da’ i Greci Tergesta, da’ i Romani Tergeste, ora Tergestum detta; città episcopale dell’Europa, ai confini d’Italia, nel più remoto seno dell’Adriatico, tra i fiumi Timavo e Formine, quindici miglia discosta, ebbe la sua origine dai pronipoti di Noè, figli di Jafeth, cioè Gomer, che abitò la Francia e Javan, che abitò la Grecia. Ciò avvenne l’anno terzo dopo la confusione delle lingue nella torre di Babele, che fu 278 anni dopo il diluvio, dalla creazione del mondo 1934, l’anno 56 di Terah, padre di Abramo, avanti questo nascesse anni 14, avanti la morte di Noè 72, avanti li Colchi venissero in Istria 885, avanti la rovina di Troja 937, avanti l’edificazione di Roma 1368, avanti la nascita di Cristo 2118.

 

Se questa cronologia fa sorridere lo storico erudito, non dimentichiamo che essa fu considerata perfettamente attendibile fino all’inizio dell’Ottocento. Essa si basava su un computo biblico degli anni a partire dal 4052 a.c. considerato come l’anno della creazione del mondo. Noi sappiamo benissimo che questa cronologia non risponde ad un dato scientifico, ma mito per mito (vedi l’anno della fondazione di Roma 750 a.c. ormai entrato nella consuetudine) possiamo immaginare la fondazione di Trieste nell’anno indicato dallo Scussa, cioè il 2118 a.c. Quindi sommando gli anni precedenti la nascita di Cristo ai giorni nostri, si può affermare che nell'anno 2004 per Trieste ricorrono 4122 anni dalla fondazione Antichissime sono le origini di Trieste (in passato Tergeste): già nella preistoria i cacciatori trovavano ospitalità nelle sue caverne ed i primi pastori costruivano sulle amene alture del circondario i loro “castellieri”. Si tramanda che a Tergeste abbiano sostato gli Argonauti sulla via del ritorno e che gli esuli di Troia si siano quivi rifatti una vita, e – stando alla leggenda – abbiano fondato una colonia, Monte Muliano, la quale per il suo orgoglio ed il suo ardire avrebbe stupito persino il Senato Romano. Dai Castellieri al Campidoglio il passaggio fu relativamente breve: nell'anno 142 a.c. il territorio viene denominato dai romani Tergeste e nel 128 a.c. Tergeste diventa Colonia Romana.Sotto l’aquila di Roma Tergeste conobbe i fasti di un periodo florido e proficuo sino ad essere traghettata, pur con qualche barbarico scossone, verso il dominio di Bisanzio e successivamente al Medioevo dei Liberi Comuni. La libertà del Comune, tenacemente difesa dai tergestini, dovette tuttavia subire all’inizio del Duecento una dura intrusione, quando dal mare si materializzarono le sagome della imponente flotta della IV Crociata guidata dal Doge veneziano Enrico Dandolo che, alla “Magnifica Comunità Tergestina”, chiedeva incondizionata fedeltà alla Serenissima. Tergeste era suddivisa in quattro Rioni:


Castello - Cavana - Mercato - Riborgo


 

Castello: oltre ad essere sede del clero e delle milizie, era abitato da agricoltori e facchini. Si estendeva dalla sommità del Colle di San Giusto sino alle attuali vie di Donota, la Chiesa di Santa Maria Maggiore e la via della Cattedrale.

Cavana: abitato dai nobili e ubicato nella zona attualmente interessata dal progetto di recupero “Urban” e delimitata dalle vie Punta del Forno, Pescheria, delle Mura, Crosada sino a Piazzetta Barbacan.

Mercato: luogo di mercanti ubicato nella zona attualmente dietro l’attuale Municipio e comprendente lo stesso Palazzo dell’Anagrafe, il Largo Granatieri, i palazzi Eisner- Civrani e dei Lavori Pubblici.

Riborgo: per lo più abitato dai nobili e che abbracciava tutta quella zona compresa fra il Teatro Romano, la via di Donota e il fu Ghetto Ebraico sino al palazzo dell’Anagrafe del Comune.

La città era cinta da spesse e solide mura con relative torri di guardia ed armati in sua difesa. Nel suo agro si estendevano vigneti ed uliveti mentre la costa era caratterizzata dalla presenza delle saline, una delle principali fonti di sostentamento. All’arrivo della bella stagione vi si svolgeva il “Mostron” - una rassegna delle milizie assoldate dal Comune per le guerre esterne - allietato da giochi di forza e di coraggio come la giostra, le corse dei cavalli, l’albero della cuccagna e via sollazzando. Tornei e giostre di cavalieri si svolgevano come nel resto dell'Europa. Memorabile fu il torneo organizzato nel 1226 sotto il Podestà Mainardo I al quale presero parte cavalieri provenienti dalla marca Trevigiana, dal Friuli e dai Land germanici.

La Repubblica di Venezia incombeva su Tergeste, limitandone l' attività commerciale e imponendole obblighi che mal erano recepiti dai Tergestini. Per ben due volte nel 1285 e nel 1291 Venezia impose dure e vergognose condizioni di pace che Tergeste dovette accettare, pur rifiutandosi sempre di inalberare il vessillo veneziano sulla città.

Il 23 dicembre 1368 la Repubblica veneta iniziò un duro assedio a Tergeste, che si protrasse fino al 18 novembre 1369: un assedio che non fu condotto dai veneziani con intrepidezza, ma bensì come guerra di distruzione tanto che, non potendo prendere la città con la forza a causa dell'ardire dei tergestini, dovettero aspettare ben undici mesi, prima di ottenere una vittoria carpita per fame.
Il 9 agosto 1382 il Consiglio Maggiore del Comune tergestino, timoroso di perdere le libertà municipali, deliberava la dedizione della città ai Duchi d'Austria ponendo per condizione assoluta che mai sarebbe stata intaccata la libertà del libero Comune, né violati gli Statuti vigenti e tanto meno disconosciute le consuetudini cittadine. Ratificato l'accordo a Graz il 30 settembre dello stesso anno, il Duca Leopoldo sopprimeva la carica di podestà sostituendola con un proprio capitano.

E da qui tutt'altra storia...

 

PREMIATA DITTA TRIESTE & FIGLI  
20-21 Dicembre 2014 

  


 

In questi ultimi anni, molto si è sentito parlare dell’Associazione delle Tredici Casade e delle sue attività a Trieste. Abbiamo assistito a sfilate, duelli, spettacoli di giocolieri, ascoltato musica medioevale dal coro del maestro Botta, presentazione di libri, conferenze anche nelle scuole e una rappresentazione teatrale - basata sulla tragedia dei Ranfo - nella splendida cornice del Teatro Romano. I triestini hanno mostrato di apprezzare questi eventi ma non sono mancate pesanti critiche specialmente riguardo all’origine del nome dell’Associazione stessa. Infatti, c’è chi sostiene che queste benedette Tredici Casade altro non siano se non un’invenzione recente, una leggenda metropolitana per così dire “datata”. L’Associazione di cui si parla, dunque, mancherebbe di precisione scientifica nella sua ricostruzione della vita triestina del medioevo. Ma la precisazione scientifica mal si adatta alla storia ed inoltre, se di leggenda si tratta, da dove trae origine?

Il primo che ci racconta le gesta dei Patrizi triestini è fra Ireneo della Croce al secolo Giovanni Maria Manarutta, autore di una monumentale Historia di Trieste edita a Venezia nel 1698. L’Ireneo, carmelitano scalzo, fu in seguito utilizzato come fonte storica da tutti quelli che vennero poi: Cratey, con la sua Perigrafia, una descrizione delle vie, piazze ed androne della città, Mainati che tentò di completare l’opera dell’Ireneo e ancora Domenico Rossetti e Pietro Kandler questi ultimi due senz’altro gli storici più illustri del XIX secolo. Nel ‘900 scrissero dei patrizi il Tamaro, Oscar de Incontrera e Piero Sticotti. Chi se ne occupò con maggior dovizia di particolari fu però, certamente, Luigi de Jenner il quale fu incoraggiato ad occuparsi di storia patria proprio dal Rossetti e dal Kandler. Luigi de Jenner ebbe modo di vedere le carte del nostro Archivio Diplomatico nei due anni che fu alle dipendenze di Domenico Rossetti, allora procuratore Civico. Lavorò quindi per il Kandler. Morì nel 1868 dopo una vita di stenti contrassegnata da ore su ore curvo sui documenti. Luigi de Jenner ci ha lasciato una caterva di carte rilegate poi in grossi volumi. Due di questi volumi si occupano proprio delle Tredici Casade fornendo alberi genealogici, stemmi e notizie di vario tipo.

Che queste famiglie fossero esistite, dunque, non c’è dubbio alcuno! Basta aprire a caso uno dei numerosi codici dell’archivio Diplomatico a partire dal XIV secolo e si troverà certamente qualche personaggio appartenente ad una delle famiglie. La domanda è: erano davvero dei nobili come si vantavano di essere? Bastava l’esibizione di uno scudo per definirli tali? Nel 1948 la sempre benemerita Società di Minerva dibatté a lungo il problema.

Le conclusioni a cui si giunse furono negative. Già nel 1927 l’allora Consiglio dei Ministri a mezzo della Consulta Araldica negò l’esistenza di un Patriziato Nobile a Trieste e ciò in base ai dati storici in possesso. I quali fatti storici consistono in ben pochi documenti antichi, ché gli archivi andarono per la più parte persi nell’ incendio del 1690. Non esiste il famoso documento del 2 febbraio 1246 con il quale si sarebbe dovuta costituire quella Confraternita di San Francesco che doveva riunire le tredici famiglie più potenti della città: Argento, Baseggio, Belli, Bonomo, Burlo, Cigotti, Giuliani, Leo, Padovino, Pellegrini, Pettazzi, Stella, Toffani. Esiste invece – conservato nell’Archivio Diplomatico della Biblioteca Civica – un documento datato 1661 nel quale viene riportato lo statuto della Confraternita di san Francesco (o delle Tredici Casade) facendone risalire l’origine al 1246.

Nel 1734, come scrive il Kandler nella sua Storia del Consiglio dei Patrizi, queste illustri famiglie presentarono all’Imperatore Carlo VI una supplica per ottenere di poter sfoggiare un contrassegno che li distinguesse: il famoso rosone delle Tredici Casade la cui copia in pietra fa bella mostra di se all’ingresso del castello di San Giusto. La corte negò il permesso: le famiglie tergestine indicate non possedevano i requisiti necessari per poter esibire in pubblico un collare con la medaglia proposta. La storia delle 13 casate è invece strettamente legata a quella del Consiglio della Città. Il quale Consiglio, emancipatasi Trieste dal potere feudale dei Vescovi, composto all’inizio da 160 membri scelti dal Podestà, fu ben presto soggetto a “serrata” provvedimento, questo, ricorrente in moltissime realtà municipali dell’epoca tant’è che successe anche a Venezia nel 1297.

Così, mentre in precedenza i Consiglieri duravano in carica un solo anno, in data da porsi poco prima della nuova redazione statutaria del 1350, si provvide a che il titolo di Consigliere fosse a vita e che non vi potesse accedere se non chi avesse avuto il padre o l’avo consigliere. Tuttavia un tale provvedimento non fu in pratica applicato perché in seguito entrarono nel Consiglio anche elementi della più plebe più bassa né valsero le proteste dei patrizi ché l’imperatore le ignorò del tutto. Non esiste un documento che sancisca tale serrata proponendo una lista delle famiglie che abbiano il privilegio di far parte da allora del Consiglio. Non è possibile reperire a Trieste alcun elenco di famiglie nobili prima del secolo XIX quando le tredici Casade sono inserite tra numerosi altri nomi. Del resto il Consiglio variò anche molto la sua composizione. Partito a norma di statuto con 180 membri fu ridotto dall’ Arciduca Carlo, nel 1564, a soli 80 componenti perché non si trovavano persone adatte a ricoprire la carica…fu poi riportato al numero previsto. Nel 1613 Ferdinando lo portò di nuovo a 160. Gli eredi delle tredici famiglie protestavano con veemenza ad ogni nuova immissione di consiglieri a loro avviso non appartenenti all’antica nobiltà cittadina.

Maria Teresa, con sovrana Risoluzione del 2 ottobre 1779, ora conservata presso l’ Archivio di Stato, stabilisce che nobile debba considerarsi l’intero Magistrato come rappresentanza collegiale ma di dovere escludere la nobiltà personale ed ereditaria dei singoli membri del Consiglio e del Patriziato triestino. Tant’è che l’assenza di un riconosciuto ordine nobiliare triestino indusse la stessa Maria Teresa a non visitare mai la nostra città perché il rango non le consentiva di soggiornare in un albergo e non c’era dimora privata che potesse ospitarla in quanto proprietà di una casata riconosciuta con titolo nobiliare.

Nel 1808 lo stesso Domenico Rossetti, incaricato di compilare i nuovi statuti della città, all’articolo VIII degli stessi così definisce i Patrizi: “Allo stato Patrizio appartengono tutti gli individui che discendono da padre patrizio e quelli cui fu conferito il patriziato” nel VII articolo afferma però che: “Il patriziato non conferisce nobiltà ma il diritto ad essere aggregato al Consiglio e di avere la preferenza in certi uffici”. Con ciò il Rossetti fotografa una situazione di fatto consolidata e per così dire “storica”.

Occorre dunque distinguere nettamente il patriziato quale funzione pubblica e il rango nobiliare quale viene in essere per mezzo di una precisa investitura sovrana. E’ ben vero che molti componenti delle Tredici Casade, specialmente in tempi più recenti, ricevettero titoli baronali, ma erano chiaramente riconoscimenti alla persona e quindi non ereditabili. Solo nel secolo XVII ricevettero titolo di conte i Petazzi. Del resto basta scorrere velocemente gli atti conservati nell’Archivio Diplomatico della Biblioteca Civica per accorgersi che c’erano numerose altre famiglie con le stesse prerogative, per esempio Montecchi, Mercatelli, de Rubeis, Ade/Adamo, Ottobono, Giudici, Jacogna, Chiozza, de Ghenano, Ziuleti e tanti altri.

A questo punto però si deve fare attenzione a non cadere dall’agiografia fantasiosa di questo mito delle Tredici Casate nell’errore opposto di ignorarle e per così dire snobbarle. Questi patrizi, infatti, si rifacevano ad un modello precedente all’epoca nella quale si impose il diritto feudale, origine della nobiltà europea. Essi si rifacevano a quel Municipium romano nel quale era vero titolo di nobiltà l’appartenere al numero di coloro che sovrintendevano alla Res Pubblica e che quindi meritavano di essere riconosciuti come rappresentanti della Città. Si sentivano decurioni e quindi facenti parte di un organismo civile nobile in quanto antichissimo. Tant’è che quando, nel 1506, cinquanta patrizi triestini si offrono come scorta nobile a Bianca Maria Sforza, che si recava a Vienna sposa a Massimiliano I, vengono accettati. Quelle tredici famiglie, che bene o male furono costantemente presenti nel Consiglio e che ricoprirono per tante generazioni cariche pubbliche, furono orgogliosi di appartenere ad una latinità che nella storia di Trieste si confrontò spesso con il mondo germanico e se non seppero adeguarsi ai mutamenti storici, rimanendo legati alla nostalgia dei tempi andati e rimanendo così, nell’immaginario collettivo, come la vere radici della nostra gente.

Se, in conclusione, le Tredici Casade non possono essere considerate la Nobiltà Triestina degli antichi tempi, se non esistono prove certe che davvero fu istituita una Confraternita di San Francesco nel XIII secolo, non dimeno si deve ammettere che questa tradizione fu accettata comunemente, ed anche da storici illustri, per più di 300 anni divenendo così una autentica tradizione cittadina. Non a caso, nella Trieste vecchia, esistono ancora diverse case patronali con l’emblema familiare di queste famiglie. Le stesse inoltre sono tutte ricordate dalla toponomastica triestina e il loro rosone fa ancora bella mostra di se appena si varchi l’arcigno ingresso del castello di San Giusto. Inoltre nella Chiesa della Beata Vergine del Soccorso in Piazza Hortis esiste l’altare dedicato alle Tredici Casade in quanto, furono proprio queste famiglie (che si dice fondassero la loro Confraternita proprio in quella zona) a donare gli altari di marmo al posto di quelli antichi in legno.

Esse quindi possono bene diventare il pretesto per rivisitare una parte della nostra storia troppo spesso dimenticata a beneficio della più recente agiografia cittadina di altri personaggi illustri ma certo non triestini, a cominciare dalla mai abbastanza lodata Maria Teresa per finire a Sissi e Massimiliano ai quali nulla si deve togliere ma che non sono certamente “tutta” la storia di Trieste.

 

Trascrizione dal documento originale su pergamena dell'anno 1661, conservato nell’Archivio Diplomatico di Trieste, che riporta le regole della Congregazione di Santo Francesco (ovvero Tredici Casade) instaurate nell'anno 1246.

Constitutione ordini et constitutione della devota et nobile Congregatione o vero Fraternità di Santo Francesco, de quaranta Fratelli Nobili Tergestini.
In quanta veneratione et stima debbon gli huomini che vivono vita christiana sotto il glorioso vessillo de Christo haver i luochi sacri, non è alcuno l’esprimer lo possa con favole, i quali con ogni lor forso et lo bene debbono procurar ch’a gloria sua si fondino, et constituiscono luochi pij, con quali cresca la Religione ad ogni suo colmo et sumità, la qual radicando ne’ cuori delle genti l’amabilissima gloria d’Iddio et con l’incomparabil sua virtù illuminando et infiamando gli animi de quali che l’osservano di giorno in giorno fioriscono in loro opere degne, pie et grate al nostro Signore, per mezzo poi delle quali maggiormente si stabilisce la pace et l’unione fra fratelli in Christo et la tranquilità de tutto il mondo della qual non è cosa veruna ch’a ciascuno debbi esser più cara, né che da tutti con maggior effetto d’animo desiderar si debba; et veramente si dia tener per fermo che ogni di qual sorte travagli, pene, incomodi et massime che li huomeni patiscono in questo mondo, da niuna altra caggione pervengino se non dalla giustissima ira d’Iddio provocata dalle male voglie et opinione degli huomeni allontanatesi da detta Religione, la qual è mezo et dritta via de unirsi con Dio optimo et massimo qui in terra et su nel Cielo. Perciò che questa santissima et benedetta Religione è quella in somma che s’associa et fa veri amici del Sommo et alto Iddio viva fonte et gratia d’ogni bene dobbiamo al tutto noi con ogni nostra forza imittarla et seguirla, la qual mediante l’aiuto d’Iddio augumentava per virtù di questa buona riforma.
Essendo adunque questa Benedetta Confraternita ancor dell’anno 1246 da maggior nostri instituita, così possa alle santissime vie vostre di darci cotal carica da noi si farrà con somma sincerità di core per quanto farran le debol forze del nostro ingegno.
Noi adunque a questo deputati publicaremo queste benedette leggi et santi ordini da noi refformati nel modo come intendevasi, quali pregamo Iddio ottimo massimo ch’a laude et gloria sua per augumento er accrescimento di questa benedetta Congregatione, debbino con ogni sincerità esser conservata.

Et primo, che li fratelli di questa Congregatione haver debbino due governatori ò ver Camerarij elletti per il più numero di detta Congregatione, i quali per lor debito et officio debbino con ogni diligentia procurar l’utile et beneficio d’essa Congregatione et ad unquem esseguir quel tanto che dalli Fratelli di detta Congregatione iustamente fosse determinato.

2° Item, che li detti Camerari insieme con il guardiano del convento de lo Santo Francesco debbino admonir tutti li fratelli che dui volte almeno all’anno, et si comne ad ogni buon Christiano s’aspetta debbino confessando li suoi peccati reconciliarsi con il nostro Signore Iddio, le quali admonitioni debbino fare l’una lo primo di decembrio et l’altra il primo capitolo avanti la Resuretione del nostro Signore.

3° Item, che di continuo così di giorno come di notte si debbi ardere una lampada dinanzi all’Altar grande di Santo Francesco a veneratione del nostro Signore Jesu Christo, et si come debitamente si deve fare.

4° Item, che ad honore et laude di Iddio et Santo Francesco in ogni prima domeniga del mese si habbia celebrar una messa alla qual tutti li fratelli trovar si debbino con le candelle accesse, eccetto quelli che fossero impediti de infirmità ò ver d’alcun altro urgente impedimento, per li qual impediti debbino le lor mogli star alla detta Messa altrimente caschino alla pena de soldi 3.

5° Item, che tutti li Fratelli che sarrano stati alla detta Messa ò quella fornita recusassero, ò vero non curassero redursi al Capitolo insieme con gli altri, caschino alla pena de soldi 3 per cadauno.

6° Item, che se alcuno de Fratelli di detta Congregatione biastemasse il nome de Dio, ò ver della Vergine Maria, siano obligati il guardiano et camerarij admonir in secretto quello che biastemeva che debbia da simil biastema astenersi, et se perseverasse nella biastema debbino detti guardiano et Camerarij dui altre volte admonirlo in Publico Capitolo non voglia perseverare nella biastema, et non volendo emendarsi sia ipso iure cassa’ da questa Congregatione.

7° Item, che tutti li Fratelli quando s’entra in Capitolo, finita la Messa si come è costume debbino al locho solito dir 3 Pater Nostri et 3 Ave Maria per l’anima de vivi et morti. 8° Item, che essendo redotti li Fratelli in Capitolo debbino parlar con ogni modestia et non debbino impetuosamente uno contra l’altro contrastar, et admonitti da cadauno delli Camerarij de non perseverar in simil contrasto et non aquietandosi, casca alla pena de soldi 4: quali recusando pagar detta pena ad monito per 3 volte dall’official deputato se intenda ipso iure casso et privo d’essa Confraternità.

9° Item, che mancando di questa vita alcun di detti Fratelli o vero le moglie et figlioli o altri de congionti di sangue habitanti però in casa d’esso Fratello, siano tenuti tutti li Fratelli sotto pena de soldi 8. per cadauno contrafaciente et debino star alla Messa, o ver Vespero, con le Candelle accesse.

10° Item, che debbino nel tempo de otto giorni, come meglio a loro pareva, far dir una messa cantada per l’anima del defonto, alla qual messa debbino similmente trovarsi tutti li Fratelli sotto pena de soldi 3.

11° Item, che li Camerarij in occorenza di portar qualche fratello morto, o vero de sua casa come di sopra alla sepoltura, recercar debbino quattro de detti Fratelli a dover portar detto Fratello morto, i quali recusando detti Camerarij debbino recercar altri quattro, et quelli havevan recusato, caschino alla pena de soldi 12. per cadauno.

12° Item, che nel giorno de Santo Francesco tutti li Fratelli d’essa Congregatione venir debbino alla Messa nella festività di quel santo celebrata, quali debbino finita la Messa intravenir alli conti delli Camerarij per molte cause et rispetti sotto pena de soldi 10. per cadauno de contrafacienti come di sopra, li quali conti li detti Camerarij debbino nell’istesso giorno de Santo Francesco chiaramente haver resi et fatti, sotto pena de soldi 5: ...(?) et li crediti di detta Confraternità debbino esser saldati dalli detti Camerarij, anchor che per loro non fossero scossi.

13° Item, che se alcuno Fratello per 3 volte fosse contumace, come è detto de sopra et recusando pagar li soldi 3: della pena, et …(?), essendo però quello per li official della detta Congregatione admonito, debbi ipso facto, et s’intenda quello esser casso d’essa Confraternita, per il che i Camerarij che sarrano per tempo debbiano subito proponer di crear novi Fratelli in luocho de quelli che sarrano cassati, et questo sotto pena de ...(?) diece.

14° Item, che alcuni non possi esser admesso in questa Confraternità che non sia nato d’una delle tredice Fameglie infrascritte, però in tutto e per tutto iuxta la parte presa che già fu fatta in questo nobile Colleggio l’anno 1558 il dì 27 genaro aggionta in fine delli presenti capitoli.

I nomi delle quali tredice nobbili Famiglie di questa nobile et honoranda Confraternità seguono come infrascripto:


  • Cioè La nobile Fameglia delli Argento
  • La nobile Fameglia de Giuliani
  • La nobile Fameglia de Bonomi
  • La nobile Fameglia de Burli
  • La nobile Fameglia de Leo
  • La nobile Fameglia de Paduino
  • La nobile Fameglia de Basejo estinta
  • La nobile Fameglia de Cigotti estinta
  • La nobile Fameglia de Stella estinta
  • La nobile Fameglia de Peregrini estinta
  • La nobile Fameglia de Belli estinta
  • La nobile Fameglia de Pettacy
  • La nobile Fameglia de Tophany estinta


15° Item, che nella Festa de Santo Francesco ogni anno per li Camerarij debbia esser fatta una Ellemosina alli Poveri de Christo, et questua alla presentia di tutti li Fratelli ò ver della maggior parte, la qual Elemosina però non debbi passar la summa de lire dodeci de pizzoli.

16° Item, che in tutti li Capitoli si farrano debbia esser letto la nottula de detti ... (?) acciò che quelli non intervuenivan debbino esser zontati quale ...(?) s’intendino à quelli che venivan alla Messa ...(?) comenzato el Evangelio.

17° Item, che il numero de detti d’essa Congregatione non debbia esser più di 40.

18° Item, che tre volte all’anno, cioè la prima domeniga de genaio, la prima domenica de marzo, et la prima domenica de Luio quest’ordini per il Cancelliero della Confaternità debbino esser publicati nel Capitolo ad intelligentia delli Fratelli.

19° Item, che il giorno di Santo Francesco si debbino crear li Camerarij quali durino per un anno, et al più ne possino esser confirmati oltra detto anno, mà debbino vottar secondo il consuetto. 20° Item, se alcuno delli Camerarij non venivano alla Messa come di sopra, caschino alla penna de soldi 10. per cadauno.

21° Item, che li Camerarij se farrano, siano tenuti prestar idonea segurtà per la loro Administratione, et se intenda principal securtà coloro che ellegerano detti Camerarij et similmente li vecchi Camerarij che admettessero securtà non sufficienti s’intenda ... (?) per li detti Camerarij confirmati.

22° Item, che nel giorno de Santo Francesco si debbia creare un Cancelliero alla detta Confraternità, al quale se darà per suo sallario soldi 6: di piccoli all’anno, et quando esso Cancelliero non venirà a esercitare il officio suo, ò verò non manderà persona admissibile secondo la forma di questi Capitoli, un altro de detti fratelli chiamato per li Camerarij debbia per tal giorno far quell’officio al qual se dia soldi dieci per la sua fatticha del sallario, però del detto Cancelliere, qual salario non debbin li Camerarij pagar al detto cancelliere se non finito il suo regimento sotto pena de ...(?) del suo.

23° Item, che li Camerarij debbino ellegere un officiale o vero Comandatore al qual se dia per suo salario soldi 6: di piccoli all’anno.

24° Item, quando s’accettarà et confirmarà qualche fratello nella detta Congregatione o Colleggio, di nuovo quello sia tenuto a esborsar et pagare alla Confraternità soldi trenta dui de piccoli et sia il suo arbitrio a far del suo la collatione alli fratelli in segno di Charità come esser consuetto.

25° Item, detti intrade d’essa Confraternità si debbia comprare le Candelle quali li fratelli tenirano accesse alla Messa ordinaria et similmente si debbia comprare dui Candellotti per l’altare, et uno per ardere quando fa sera al Corpus Domini.

26° Item, siano obligati tutti li Fratelli che si trovevano alla detta Messa andar a sofferir, secondo è il costume.

L'Associazione Tredici Casade anche XIII Casade (Associazione culturale ONLUS iscritta al N° 745 nel Registro generale delle organizzazioni di volontariato e all'Albo delle Associazioni e delle Organizzazioni di volontariato della Provincia di Trieste con determinazione n° 16/RL/00 Reg. URP dd. 10.05.2000) è un sodalizio apolitico, apartitico, aconfessionale e non persegue finalità di lucro. Gli aderenti all’Associazione sono tenuti a prestare la loro attività in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.

L’Associazione si prefigge di:

 

• stimolare la memoria storica della Regione Friuli Venezia Giulia, a partire dalle origini, per promuovere, sostenere e valorizzare le antiche tradizioni;

• creare, su basi storiche e/o leggendarie, un sistema educativo e di intrattenimento atto a incrementare l’interesse turistico del territorio, con particolare riguardo alla città di Trieste;

• valorizzare la storia, i miti e le leggende, mediante rievocazione di usi, costumi e consuetudini di arti e mestieri regionali, per diffonderne la conoscenza sia in Italia che all’estero;


Al fine di svolgere le proprie finalità statutarie l'Associazione può promuovere, coordinare e realizzare: ricerche e corsi di studio, di formazione e specializzazione; incontri, convegni, seminari, manifestazioni e rievocazioni storiche; mostre, stand espositivi, proiezioni e spettacoli; incontri, trasferimento delle conoscenze e scambi di esperienze con realtà analoghe operanti nelle nazioni confinanti e quelle europee, sia con programmi svolti in regione che all’estero; raccolta, stampa, diffusione e traduzione di studi, ricerche, progetti, notiziari, riviste, opere musicali, manufatti e altro materiale di valore storico e didattico che possono contribuire alla diffusione della conoscenza della storia regionale.

Fondata nel 1989 e attualmente presieduta dalla scrittrice Edda Vidiz Brezza, l'Associazione XIII Casade persegue lo stesso amore per la storia che ha caratterizzato il "Comitato Cittavecchia Viva" fondato dall’imprenditore Mario Cividin - ora Presidente Onorario delle Tredici Casade - che a cavallo fra gli anni 70 ed 80 ha organizzato diverse manifestazioni di carattere storico a Trieste.

L’Associazione prende il nome dalla Confraternita de’ Nobili di San Francesco ossia delle Tredici Casade e precisamente: Argento, Basejo, Belli, Bonomo, Burlo, Cigotti, Giuliani, Leo, Padovino, Pellegrini, Petazzi, Stella e Toffani le quali, dal XIII secolo sino alle riforme volute dall’imperatore Giuseppe II, ebbero saldamente in mano l’amministrazione pubblica della città.

L'Associazione svolge molteplici attività di rievocazione storica.
La prima, dedicata a trasferire la storia dai libri di testo alle "piazze", è quella denominata Tergeste fra Storia e Leggenda del Medioevo, ciclo di eventi che comprende nel mese di settembre:

 


• Il Torneo delle Tredici Casade una immersione nell' immaginario medievale tergestino ricco di artigiani, mercanti, tavernieri, giullari, musici e cantori e dei ben noti tornei cortesi di scherma antica;

• Il Mostron corteo storico in costume che si rifà alla antica rassegna delle milizie assoldate dal Comune per la guerra esterna;

• Varie rappresentazioni teatrali e di piazza denominate Sotto il Segno dei Petazzi, in data da destinarsi annualmente.
Durante il mese di ottobre la rievocazione dell’arrivo del doge Enrico Dandolo Tergeste sulla rotta della IV Crociata che ricorda il passaggio dei Cruce Segnati e del Doge Enrico Dandolo il quale, nel patto di sudditanza del 1202, impose ai tergestini il tributo annuale di 50 orne di vino da consegnare a Venezia nel giorno di San Martino.


In occasione della festa di San Francesco (4 ottobre) già Patrono della Confraternita dei Nobili, l'Associazione indice un Concerto di musica medioevale eseguito dai Cantori delle XIII Casade. Il concerto è tenuto presso la Chiesa Beata Vergine del Soccorso in Piazza Hortis, già chiesa della Confraternita e dove esiste tuttora l'altare delle Tredici Casade.

I Cantori delle XIII Casade, diretti dal M° Pino Botta, sono parte integrante dell'Associazione. 
 

 

 

 

Fanno da corollario alla festa del Patrono, la regata Palio a la riva del mar ossia de Sancto Francesco organizzata in collaborazione con lo Yacht Club Adriaco di Trieste e la voga dedicata alla Madonna del Porto effige della Madonna qui a lato riportata che, a suo tempo, era situata proprio all'ingresso del porto di Trieste.

Con il progetto La Terra dei Cento Castelli l'Associazione si prefigge il contatto e lo scambio di esperienze con le realtà operanti in campo storico nella regione Friuli Venezia Giulia, mentre Forum Julii e Tergeste entro e fuori le mura è il termine che definisce i contatti con le regioni contermini di Austria e Slovenia, dove è stato anche siglato un accordo di cooperazione culturale con l’associazione austriaca “Friesach Medioevale” e l’associazione slovena “Zavod Moj Aron.

Inoltre il ciclo "Sotto la polvere del tempo" sta a indicare le varie conferenze indette dall'Associazione per illustrare i più diversi periodi storici del territorio regionale, mentre in campo editoriale sono stati pubblicati alcuni libri sulla storia triestina e CD di musica medioevale. 

 



La possibilità di diventare socio è aperta a tutte le persone o enti e società che ne fanno richiesta e la cui domanda di ammissione è accolta dal Consiglio Direttivo, che ne fissa le modalità per l’ammissione. Nuovi soci sono i benvenuti perché il percorso che l’Associazione propone è un compito che richiede l’impegno e l’energia di molti, ma dà anche a tutti la soddisfazione di conoscere la storia di coloro che ci hanno preceduto, perché è da questa memoria che la Regione Friuli Venezia Giulia ha attinto la sua diversità culturale, etnica e religiosa diventando così il luogo nel quale tutti noi possiamo incontrarci.

Per informazioni rivolgersi all’Associazione Tredici Casade - Trieste
Tel. 335 7431214 - Fax 040 638584 - 040 251291 E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Associazione Tredici Casade - Trieste - P.Iva/C.F. 90038010329

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